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25 maggio 2018

Microplastic pollution

Here comes a law for labeling of clothing with a high content of synthetic fiber

In California è in fase avanzata di discussione una legge che renderà obbligatoria l’etichettatura degli articoli di abbigliamento contenenti almeno il 50% di fibre sintetiche. L’etichetta dovrà riportare un avviso al consumatore relativo al fatto che il prodotto in vendita contiene fibre sintetiche che, in fase di lavaggio, queste potrebbero disperdersi nell’ambiente sotto forma di microplastiche.

L’inquinamento da microplastiche sta assumendo contorni sempre più preoccupanti. Un tema di grande attualità che Brachi Testing Services e 4sustainability stanno seguendo da vicino per le implicazioni a livello legislativo che potrebbero derivarne e le ricadute sulle imprese, in particolare quelle della filiera.

Le microplastiche sono particelle di materiale sintetico, generalmente di dimensioni inferiori ai 5 millimetri. Le specie che vivono in ambienti acquatici, dove tali sostanze sono spesso disperse, sono portate a scambiarle per cibo a causa delle loro ridotte dimensioni, con disastrosi effetti a catena. Una volta ingerite, infatti, le microplastiche possono portare alla morte dell’organismo, che non è di prassi in grado di metabolizzarle. Le sostanze chimiche rilasciate in fase di digestione e smaltimento, in altri casi, entrano a fare parte della catena alimentare moltiplicando i loro effetti tossici.

I Paesi nei quali l’uso intenzionale di microplastiche è disciplinato sono già diversi. Altri stanno mettendo a punto delle contromisure idonee. Allo studio ci sono anche gli effetti causati da prodotti che non configurano un utilizzo intenzionale di microplastiche, ma che per le loro caratteristiche possono generarle.

Mentre la Commissione Europea ha dato incarico di procedere con un’analisi del problema finalizzata alla raccolta dei dati necessari per sviluppare azioni legislative in grado di arginare il fenomeno, negli Stati Uniti la California ha già pronta una legge che affronta la questione di petto, imponendo una prima regolamentazione sui prodotti che possono generare microplastiche. Anche in Connecticut si registra un iter analogo.

Il rapporto della Commissione Europea individua tra le cause principali dell’inquinamento da microplastiche il naturale deterioramento dei prodotti tessili contenenti fibre sintetiche, oltre ai connessi cicli di manutenzione come il lavaggio.
Il rapporto offre alla Commissione una serie di spunti di riflessione sulle azioni da intraprendere per contrastare questo fenomeno.

Tre i possibili scenari d’intervento:
1) definire un valore di “soglia” per le emissioni di microplastiche generate da prodotti tessili
2) prevedere una forma di etichettatura che, come accade per l’etichettatura energetica, classifica il prodotto in base alla predisposizione al rilascio di microplastiche
3) intervenire prevedendo sistemi di filtraggio da applicare direttamente nei dispositivi di scarico delle acque di lavaggio delle lavatrici e/o predisponendo adeguate procedure di trattamento delle acque reflue

Il presupposto essenziale per l’applicazione dei primi due punti, messo in evidenza anche dal rapporto, è lo sviluppo di un metodo di analisi standardizzato che consenta di valutare in maniera oggettiva le performance dei materiali tessili.

Spetta ora alla Commissione Europea procedere:
1) alla valutazione costo-beneficio di un intervento legislativo che argini il fenomeno dell’inquinamento da microplastiche originate da prodotti in cui non vi è rilascio intenzionale
2) all’impatto economico che potrà derivarne per aziende e consumatori.

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