30 marzo 2017

EAC, chip marking dei capi in pelliccia

Gli articoli interessati, i tag e i metodi di applicazione, le sanzioni

Dallo scorso agosto, tutti i capi in pelliccia naturale o con parti di pelliccia naturale immessi sul mercato russo devono riportare un’etichetta elettronica. Tale obbligo, introdotto come forma di controllo e di lotta alla contraffazione, interessa anche gli altri paesi dell’Unione Eurasiatica, vale a dire Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan.

Più in particolare, i capi interessati sono tutti i “vestiti, pertinenze di vestiti e altri prodotti realizzati con vera pelliccia” contrassegnati con codice 4303. Sono per esempio compresi i capi con rivestimento interno in pelliccia, mentre sono esclusi i capi con applicazioni di pelliccia a fini decorativi (polsini, frange, ecc.).

L’obbligo di marcatura con chip vale anche per i capi in pelle conciata (es. cappotti in montone) e tutti quei prodotti in cui la pelliccia sia riconoscibile come elemento distintivo: rivestimenti e tappeti in pelo naturale, borse in pelliccia, ma anche rulli da pittura.


CONTROL IDENTIFICATION TAG (CIT)

L’etichetta nota con l’acronimo CIT è una sorta di passaporto identificativo del singolo capo e serve anche a proteggerlo da rischi di duplicazione. Concretamente, si tratta di una piccola striscia di materiale flessibile all’interno della quale è incorporato un microchip di identificazione a radiofrequenza (RFID - Radio Frequency Identification).
Per gli articoli in pelliccia naturale prodotti in Russia il CIT è di colore verde, mentre per gli articoli d’importazione il colore è rosso.

Le etichette possono essere applicate con metodi diversi, una scelta che dipende dall’azienda produttrice e che va effettuata, per i capi d’importazione, al di fuori dei confini dell’Unione. A tale scopo, l’importatore invia al produttore straniero i tag necessari preventivamente ordinati, specificando i quantitativi esatti e la lista di tutti i codici identificativi.
La cucitura interna è uno dei metodi di applicazione più diffusi, ma c’è anche il cosiddetto incernieramento: il CIT, in questo caso, è realizzato in plastica e attaccato inseparabilmente a un elemento strutturale del prodotto. Un’ulteriore opzione è l’incollatura, in cui il CIT è applicato sull’etichetta del capo in forma di adesivo.

Al momento della spedizione dei capi in Russia e negli altri paesi dell’Unione Eurasiatica il produttore è tenuto a dichiarare che tutti gli articoli in consegna sono dotati di chip in numero corrispondente e a fornire la lista dei i numeri identificativi.
In fase di sdoganamento, l’importatore deve fare una dichiarazione analoga, attestando che tutti i capi sono provvisti di CIT e fornendo la lista dei numeri identificativi.
Le autorità doganali ne prendono nota in un apposito registro e trasferiscono le informazioni alla base nazionale centrale, dove le stesse informazioni si presume siano arrivate anche dagli altri soggetti chiamati per legge allo stesso obbligo di comunicazione: dunque chi produce, chi importa, chi emette le etichette, chi acquista le merci…

È un sistema di controlli incrociati a cui è pressoché impossibile sottrarsi e che incoraggia i produttoria servirsi di partner affidabili, per minimizzare i rischi di sanzione. Rischi che, in caso di aggiramento o violazione dell’obbligo di marcatura con chip possono essere anche molto pesanti.
Il Codice della Federazione Russa per gli illeciti amministrativi, ad esempio, stabilisce per i trasgressori fino a 300mila rubli di multa e la confisca o la distruzione delle merci. Se l’illecito riguarda grandi partite di merci, il reato diventa penale, con sanzioni pecunarie a partire da 1 milione di euro, confisca delle merci e reclusione fino a 6 anni.

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